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IL PORTIERE DI NOTTE, LE SCARPE DI CENERENTOLA E LE VALIGIE DELLO ZAR

IL PORTIERE DI NOTTE, LE SCARPE DI CENERENTOLA E LE VALIGIE DELLO ZAR

Nella pallavolo moderna il ruolo dell’opposto è fondamentale per vincere qualcosa. Parlo di pallavolo moderna, perché quando ho iniziato io, primissimi anni Ottanta, qualcuno giocava ancora con il doppio palleggiatore. Pure io, incapace di ricevere e mancino, ho dovuto iniziare da centrale prima di spostarmi definitivamente in zona due, perché il “contromano”, poi “opposto” era una novità, come la battuta in salto, da prendere a piccole dosi.Dicevo, che l’opposto sia fondamentale nel volley se ne era già accorto Carmelo Pittera, personaggio mitico del nostro sport, con cui ho passato una indimenticabile settimana al Centro Libertas a Ischia in compagnia di Piero Milani, Andrea Grossi, Mario Brenna e Stefano Binda, ma questa è un’altra storia.

Se ne era accorto Pittera, sempre negli anni Ottanta, quando dieci anni dopo il suo Gabbiano d’Argento (Roma 1978), aver allenato gli azzurri a Mosca e Los Angeles, per Seul prese i giovani della Juniores del povero tecnico polacco Skiba, prematuramente scomparso 22 anni fa, e li buttò nella Nazionale maggiore. Zorzi, Bernardi, Cantagalli, Gardini, Bracci, De Giorgi, Galli, Giani… erano già la Generazione di Fenomeni, che dopo pochi mesi con Giulio Velasco vinsero quasi tutto, tranne l’oro olimpico. A Seul non andò bene, 9° posto. Pittera in odore di esonero, in un’intervista alla Gazzetta dopo una partita vinta contro il Giappone, mi pare, spiegò l’importanza di avere una attaccante come Zorzi in campo.

Zorro avrà avuto qualche lacuna in difesa, forse. Non riceveva, non era il suo ruolo, ma metteva a terra ogni pallone. Era il bomber dell’Italia. Bernardi diventò mister Secolo, ma era sempre Zorzi il top scorer. Pittera spiegò che l’Italia avrebbe potuto vincere anche per un ventennio, visto che dopo Zorzi c’era già un altro campione pronto, Andrea Giani, di qualche anno più giovane. In realtà l’Italia le cose più belle le ha fatte con in campo Zorro, mentre il Giangio che era stato il settimo uomo della prima Italia di Velasco, non ha forse raccolto in azzurro quanto meritava, a differenza delle squadre di club e ora da tecnico. Non ho mai capito perché si logorò il rapporto tra Zorzi e Velasco negli ultimi anni, tanto che l’allenatore argentino lo costrinse a giocare pure al centro, qualcosa che mi mette ancora i brividi. Dopo questi due “mostri” da posto due, l’Italia ha avuto una serie di buoni interpreti del ruolo, ma nessun campionissimo.

Nessuno che: “Quando sei in difficoltà alza dietro e il punto arriva”. Questo fino all’arrivo dello Zar. Uno che, tra parentesi, aveva iniziato palleggiando, come il papà. Sapeva pure ricevere e questo è stato un cruccio in azzurro. Opposto o laterale? Come se Totti dovesse giocare con il numero 10 o il 9… ma con quel braccio e quell’elevazione, Ivan Zaytsev era destinato nel cuore degli appassionati di pallavolo a diventare finalmente il nuovo Zorzi. Ora, io non ho mai conosciuto direttamente Ivan Zaytsev. Conosco giocatori che ne hanno diviso il campo nell’indoor e nel beach.

Però mi sono chiesto sempre una cosa. Ivan ci è o ci fa? E’ la persona che vediamo durante le partite legare con tutti i compagni, esaltarsi con il pubblico. L’uomo, il padre di famiglia, capace di intervenire e mettersi in gioco anche su temi alti della vita quotidiana. Lo showman che dopo il match si ferma a parlare anche con i tifosi, il testimonial di tanti prodotti, tanto da fare cambiare regolamenti alla Legavolley sui manicotti. E’ quello lì che vediamo noi o è il più grande attore del mondo? Un mezzo bluff insomma?Mi è venuto questo dubbio, perché altrimenti, mi chiedo come sia possibile che ci sia sempre qualcuno che in Nazionale e nelle squadre di club non lo sappia gestire. Qualcuno che aspetti sempre il momento buono per farlo fuori e per fare dei danni, oltre che a lui, a tutto il movimento dei migliaia di tifosi e non tifosi, che però della pallavolo in Italia conoscono solo il nome di Zaytsev. Il giocatore più rappresentativo, quello che sa parlare. Un leader, una bandiera.

A me lo Zar, pettinatura a parte, mi è sempre sembrato tutt’altro che una testa calda. Eppure il 12 luglio di 7 anni fa, il commissario tecnico Mauro Berruto, che mi ha sempre dato l’idea di una persona paziente, caccia Ivan Zaytsev dal ritiro di Rio de Janeiro, dove dopo tre giorni si sarebbero giocate le finali di World Leage. Esclusi per motivi disciplinari: Ivan, il capitano Travica, Sabbi e Randazzo. Sono rientrati in ritardo in hotel. Chi conosce un po’ la storia del calcio sa benissimo che con lo stesso metro, giocatori come Meazza, Angelillo, Maradona, Gascoigne e Cassano, ma pure altri “insospettabili” non avrebbero potuto giocare diverse partite importanti. Si chiudeva un occhio. Certe cose rimanevano negli spogliatoi e basta. “Ma il mio sport è differente”.

Questa è la pallavolo e le regole sono regole, valgono per quasi tutti tranne che forse per Ganev e Ngapeth, ma quelli sono stranieri e non vestono mica l’azzurro. Lo Zar con la cenere sulla cresta rientrerà poi in azzurro. Berruto, per colpa del ritardo a Rio e non solo, ci ha lasciato la panchina, ora c’è il suo ex vice, Chicco Blengini. Ivan ha il tempo per farci vincere un bellissimo argento olimpico, sì un altro argento a cinque cerchi, è vero. Ma la semifinale contro gli Usa è una delle più belle partite di pallavolo di tutti i tempi, da vedere e rivedere e viene in pratica decisa dallo Zar. Le sue battute da record fanno tornare l’entusiasmo alle stelle per la pallavolo. Peccato che l’anno dopo si consumi uno dei casi più assurdi e ridicoli dello sport mondiale. Il giocatore italiano più forte del mondo, nel luglio 2017, viene allontanato dal ritiro di Cavalese quando manca un mese agli Europei. Il motivo? E’ in disaccordo sull’utilizzo delle scarpe proposte dallo sponsor tecnico della Nazionale. Difficile trovare un punto così basso nella storia di altri sport e altri campioni. Interviene pure il presidente del Coni, Malagò.

Ma il nostro sport è differente, ricordate? Dal caso scarpe si susseguono altri piccoli e grandi casi relativi più che altro alle squadre di club dello Zar. Nel frattempo passano gli anni e anche il fisico ogni tanto ha bisogno di qualche tagliando. Cala il valore del giocatore, che se ne va da Modena e torna a schiacciare in Russia una stagione. Poi il rientro trionfale sponda Lube. L’allenatore è Blengini, quello della scarpe, ma lo scudetto arriva lo stesso. E’ arrivato al posto di Fefè De Giorgi, che intanto ha sostituito Blengini in Nazionale dopo le drammatiche Olimpiadi di Tokyo.

Sì, sono sempre gli stessi nomi, è vero. Per chi non è dentro il mondo della pallavolo potrà sembrare che in Italia ci sono solo due o tre allenatori capaci di allenare le grandi squadre. Poi non lamentiamoci se le altre nazioni vincono con in panchina tecnici tricolori bistrattati in patria. Ma il nostro sport è quello differente, ricordate?

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Anche perché intanto Fefè ha fatto la magia, come quando dalle sue mani partivano le veloci per Lucchetta. In un mese, De Giorgi ha preso due ragazzini che in campionato non sono neppure titolari (Romanò e Pinelli) e li ha messi lì, nel ruolo dello Zar, che nel frattempo – dopo Tokyo – aveva salutato la Nazionale per curarsi il ginocchio. De Giorgi vince l’Europeo senza lo Zar, che probabilmente gioisce ed esulta sui social e nelle interviste, ma un pochino – è un uomo pure lui Santo cielo – rosica per aver seguito quelle vittorie in tv. Sul successo Europeo viene scritto pure un libro, girato un corto. Ivan non si arrende, fa un po’ di panca in Lube per problemi fisici più che altro, ma vince lo scudetto, dicevamo. Peccato che dal giorno dopo l’ultimo successo tricolore lo danno già sul mercato. A Milano? Alla fine lo Zar resta alla Lube da coach Blengini (che, ricordiamo, era il secondo allenatore quando il portiere di notte brasiliano segnalò il ritardo dello Zar in albergo e il primo allenatore quando Ivan Cenerentola non voleva indossare le scarpette degli altri azzurri).

Lo Zar si mette a disposizione di De Giorgi per la VNL. E Fefè lo chiama per le finali di Bologna. Ora, o Fefè è un diavolo, uno stratega del male, oppure lo chiama perché Ivan è utile alla causa azzurra. Ha perso la fascia di capitano, lo Zar, ma può fare da chioccia a Romanò, uno dei ragazzini campioni d’Europa, che però incredibilmente non trova ancora un posto da titolare in Superlega. Ivan gioca poco. A Bologna nei quarti di finale con l’Olanda il pubblico del Palasport lo chiama e lo richiama – io c’ero – Fefè non può non sentire. Lo butta dentro alla fine dell’ultimo set, come si fa con i giovani panchinari che devono fare esperienza, nonostante la partita imprecisa di Romanò. Non schiaccerà neanche un pallone Ivan. Giannelli, il capitano e alzatore, sembra non vederlo neppure. Che si sia rotto qualcosa lì? Nella semifinale contro la Francia, Zaytsev entra negli ultimi punti del secondo set, ma la partita è già segnata. Resta pure per il terzo del trionfo transalpino. Non mette piede in campo nelle finalina, persa dall’Italia 3-0 contro la Polonia.

Eppure lo Zar va ancora in ritiro, fino all’ultimo colpo di scena, l’altro giorno. Ivan Zaytsev deve lasciare il ritiro pre-Mondiale. E’ rientrato tardi in hotel? E’ colpa dello sponsor delle scarpe o dei manicotti? Nulla di tutto questo, si tratta di una decisione tecnica. “Scelta fatta dopo un’attenta valutazione, il giocatore ha sempre tenuto una condotta esemplare” dichiara De Giorgi con la sua migliore poker face di sempre credo. Fiducia ai giovani eroi dell’Europeo 2021: Yuri Romanò e Giulio Pinali anche per i prossimi Mondiali in Slovenia tra meno di un mese. C’era bisogno di cacciare all’ultimo momento ancora dalla Nazionale il giocatore italiano più famoso del mondo? Il nostro sport è differente, ricordatevelo sempre.

Ma a livello di immagine si tratta di un’altra brutta figura per l’Italvolley, che ora è costretta a vincere il Mondiale. Se questa scossa porterà un simile successo tutti si dimenticheranno delle valigie dello Zar, come delle scarpe e della camera d’albergo di Rio rimasta vuota troppo a lungo, ma se l’Italia dovesse fare una pessima figura come lo scorso anno alle Olimpiadi, allora, apriti cielo. Ecco e poi davvero chiudo, non si capisce come mai, ma sulla sponda femminile, dove ci sono personaggi grandi almeno quanto Zaytsev, leggasi tale Egonu, Sylla e la Pietrini, che pure qualche mal di testa ha dato al cittì Mazzanti, queste questioni vengano gestite in modo ben diverso. In spogliatoio e non con i comunicati stampa.
Alla prossima.
Pol

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